domenica 4 dicembre 2011

Noi ancora in Uganda...

Questa nostra quarta visita in Uganda ha quasi il sapore di un grandioso inno alla tenacia femminile, alla grandezza delle donne che abbiamo incontrato, al loro camminare a testa alta nonostante il difficile cammino incontrato.
Noi tre del Regnum Mariae (Anna, Margherita, Esther) siamo state ancora ospiti dei nostri fratelli a Jinja e qualche giorno a Kisoga.
Sono sempre loro, p.Giuseppe, p.Robert, p.Tadeo, p.Rajkumar, p.Francis, che con fraterna discrezione ci inseriscono a poco a poco nella vita e nelle usanze dei villaggi e della cittadina di Jinja o di Kisoga. E con loro possiamo poi tornare a dialogare, a confrontarci sulle realtà incontrate, a riflettere insieme con lo sguardo verso un altrove lontano e misterioso, coscienti che la diversità ci sovrasta e ci arricchisce.

Queste lunghe conversazioni coi fratelli mi fanno ritornare ai nostri inizi nelle Filippine, quando nelle notti stellate, P.Tarcisio e p.Luigi approfittavano dei dopocena per descriverci la costellazione più visibile, ma soprattutto per parlarci della vita filippina e del proprio amalgamarsi in quella cultura.
A Jinja non è la notte ad ispirarci ma è sempre il maestoso Nilo a stuzzicare le nostre conversazioni.

Ora le vere protagoniste di questo articolo e della nostra visita sono le donne: Betty, Grace, Veronica, Hellen, Juliana, Leonard, Florence, Agnes, sr.Giuditta, sr.Gemma, Alba Sara…e tante altre dell’OSSM o del villaggio o amiche e collaboratrici e sconosciute che in qualche modo si rivelano… Ognuna con la sua dura storia e con la capacità conseguente di reagire e di costruire per il futuro.
Betty di Jinja fa la sarta, aiuta i poveri, frequenta l’OSSM. Aveva programmato un micro progetto con l’Associazione “Sulle orme dei Servi verso il mondo” per comprare almeno un paio di macchine da cucire, attrezzate a dovere. E così ha fatto. Appena ricevuto il contributo si è consigliata con una signora esperta presso la quale già lavora e, con l’aiuto fraterno di P.Xotta e P.Kyeyne, si è recata a Kampala per comprare le macchine.
Ne ha scelte due ed è rimasta soddisfatta perché potrà così realizzare il suo sogno: aprire un piccolo laboratorio di sartoria a Jinja, insegnare cucito e dare lavoro ad altre ragazze. Conta di tenere in Banca i pochi euro rimasti, per organizzare al meglio il lavoro futuro.
Così ha fatto anche Florence a Bulaga , villaggio piccolissimo non tanto lontano da Kisoga. Con il contributo per il suo microprogetto ha comprato numerose altre cose da vendere nel suo negozietto di generi alimentari. Quando abbiamo visto per la prima volta la sua casetta, già visitata più volte dai ladri, il negozietto conteneva soltanto un po’ di riso, di pasta, di quaderni anche stropicciati, di detersivi, di saponette. Questa volta, mentre stavamo per lasciare l’Uganda, Florence aveva già fatto in tempo a procurarsi altri generi e anche vestiti usati (comprati al mercatino grande di Mukono) per poi rivendere il tutto, guadagnarci un po’e far crescere il piccolissimo villaggio.
Sr.Giuditta a Kisoga, continuamente vicina ai poveri, anziani ma soprattutto a donne e bambini anche con problemi di aids, cerca di inventare tutte le soluzioni possibili per lottare contro la miseria e, col piccolo finanziamento dell’Associazione “Sulle orme dei Servi”, ha comprato diversi maialini e capre per le famiglie, pianticelle da coltivare, fagioli e arachidi sempre da piantare e pagherà l’affitto per l’ orto di una famiglia .

Questi sono soltanto alcuni piccoli esempi. Ma siamo in sintonia con quello che sta succedendo nella società più vasta perché l’impulso innovativo e trasformativo delle donne, nella società del sec. XXI, è stato riconosciuto anche dalle Nazioni Unite: il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio è stato posto in stretta relazione con l’avanzamento della condizione femminile nel mondo.
Secondo Rachel Mayanja, Consigliera Speciale di Ban Ki moon per le tematiche di genere e per la promozione della donna, “ si è costruito un consenso mondiale attorno all’idea che l’empowerment delle donne sia lo strumento più efficace per lo sviluppo e la riduzione della povertà e che i restanti ostacoli all’uguaglianza di genere possano essere superati”.

L’Africa è vastissima ma proprio nei tantissimi piccoli villaggi possono sorgere e diffondersi esperienze innovative per lo sviluppo e la crescita di un paese.
Certo che la formazione gioca un ruolo rilevante per sostenere una presenza attiva delle donne nello sviluppo socio-economico del proprio territorio. E’ provato che da un più elevato grado di istruzione delle donne deriva maggior benessere sociale.
Anche il nostro fratello P.Giuseppe Xotta sostiene con forza questo principio.
Di fronte ai nostri racconti sulle violenze subite dalle ragazze e dalle donne incontrate in alcuni villaggi, ribadiva fortemente e col peso dell’Africa nel cuore, che occorre convincere ragazze e donne a studiare, a trovare vie e modi per uscire dal piccolo villaggio e raggiungere una qualche forma di scuola e di istruzione. E non solo, ma anche ridurre la loro vulnerabilità e l’esposizione ai rischi per la salute. Certo questi principi valgono per tutti, uomini e donne, ma si sa che per le donne non sono certo scontati.
In un incontro con il nostro piccolo gruppo di donne giovani e meno giovani abbiamo assistito con gusto ad un piccolo ma intenso dibattito sulla nostra identità di laiche che “si donano” per la chiesa e per il mondo.
Qualcuna si esprimeva quasi per un adeguamento alle usanze del comune sentire e per un bisogno di protezione accettando di indossare segni e simboli della cattolicità locali e non. Ma con molta forza si è elevata la voce di quelle che hanno esortato al coraggio, alla capacità di spiegare e di esprimersi per quello che si è, senza vergogna. La vergogna è un retaggio antico e senza fondamento razionale.
Non occorrono etichette, siamo come tutti i cristiani: lievito nascosto nella massa.
L’art.60 delle nostre costituzioni ci esorta a sostenerci reciprocamente in questo cammino quotidiano senza inutili paure.

Mentre sto scrivendo questo articolo sto pensando alle tre donne (due liberiane e una yemenita) che, non molti giorni fa, hanno ricevuto il Premio Nobel per la pace. Anche questo è una conferma di un “risveglio” che è fortemente voluto dalle donne e che rappresenta uno slancio potente verso l’affermazione delle libertà civili in contesti alquanto refrattari.
Le vorrei nominare tutte e tre quasi a metterle, con pochissima modestia, vicino alle nostre tre che ho citato poco sopra e alle tante altre!!! Sono: Ellen Johnson-Sirleaf, presidente della Liberia, che ha tirato fuori il paese dal disastro di una guerra civile durata ben 14 anni; Leymah Gbowee, avvocatessa e guida del movimento Women of Liberia Mass Action for Peace, che lanciò la spettacolare azione di “sciopero sessuale”; Tawakul Karman, giornalista e fondatrice dell’Associazione Woman Jiournalists without Chains che lotta per i diritti delle donne e la libertà di espressione nello Yemen.
Mi piace ora concludere con le parole che Angelo Turco ha scritto su “Nigrizia” ( novembre 2011):
“…il premio rappresenta un riconoscimento alle donne d’Africa e a tutte le donne del mondo, per l’apporto che esse danno, non solo alla quotidianità familiare come lavoratici, come mogli, come madri, ma anche al miglioramento e talvolta persino a un radicale risanamento della qualità sociale attraverso il metodo riflessivo che è il loro, impregnato di mediazione, di moderazione, di tolleranza, di generosità e persino aperto alla decisione risolutiva, ove necessaria”.

Margherita Palazzi


































































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