lunedì 10 gennaio 2011

Pubblichiamo i saluti e gli auguri pervenutici da due Comunità di Serve di Maria che sono ormai nel nostro panorama associativo: quella di Ishull-Letzhe in Albania e quella di Celaya (Mexico).
Da Celaya:

Stimato Signor Michele,
un cordialissimo saluto a lei e a tutti i Membri dell'Associazione. Chiedo scusa per questo lungo silenzio dovuto a un guasto telefonico che ci ha tenuto isolate dalla vigilia di Natale fino ad oggi. Ora, che tutto é ritornato normale, mi pongo in contatto con lei per ringraziare degli auguri natalizi e del ricordo, ricordo ricambiato da parte di tutte noi. Che il Signore conceda a tutti un Nuovo Anno di grazia, pace, salute e lavoro.Il giorno 30 di dicembre abbiamo celebrato la prima Professione della novizia Magdalena, che ora si chiama Sorella María Magdalena, pur mancando il mezzo di comunicazione, cioé telefono ed e-mail, alla celebrazione hanno partecipato molte persone, é stato bello. Il lavoro con la "giuseppina" segue sempre a ritmo continuo, il giorno 27 abbiamo consegnato la casula per la celebrazione del 25º di Ordinazione sacerdotale del Padre Ángel Vargas, é riuscita molto bene, ora siamo impegnate con gli scapolari dell'Ordine Secolare dei Servi e abbiamo altre richieste di lavoro in fila. Grazie, ancora grazie a tutti per questa felice iniziativa.Nella Cappella abbiamo giá potuto installare la prima vetrata rappresentante Santa Giuliana Falconieri, iniziatrice della rama femminile del nostro Ordine. Grazie, ancora grazie a tutti per questa felice iniziativa.A Santa María di Guadalupe affidiamo lei , Annalisa, ciascun Membro dell'Associazione e le loro famiglie, perché li benedica e protegga.
Con affetto e gratitudine.
Suor María Lucía Palamidese e Sorelle, Monache Serve di María
(ndr: Quella che Suor Lucia chiama "la Giuseppina" è la macchina bordadora (ricamatrice) "protagonista" del micro-progetto effettuato nel 2009).
Dall'Albania:

Gentile Signor Michele, Annalisa e quanti condividono i nostri cammini, cari e sentiti ringraziamenti per gli auguri accolti con gratitudine e certezza che il Signore ama ciascuno con amore infinito e il Suo Figlio nato per noi ci resta accanto per rendere fecondi i nostri passi nel servizio del Suo Regno.
Chiedere perdono per non aver scritto prima è poca cosa, ma siamo state a lungo impedite dal non funzionamento dell'internet e poi il tempo vola...
Sappiamo che fa piacere sentire qualche notizia, così in allegato vi raccontiamo alcuni momenti vissuti nella nostra missione.
-Il mese di dicembre ci ha viste impegnate nella preparazione del S. Natale con i ragazzi, la precarietà dei mezzi spesso rallenta il rendimento, ma non rallenta l'impegno e la gioia dei ragazzi che con piccole cose sono in grado di realizzare cose significative e dimostrare riconoscenza.
Recite, canti e manifestazione di semplicità hanno caratterizzato la celebrazione del Santo Natale attorno al Dio fatto Bambino.
-Due giorni ricchi per la formazione dei giovanissimi che hanno compensato la fatica e la stanchezza di noi adulti. Stare insieme, condividere e riflettere per diventare amici e camminare come figli amati dal Signore, diventano momenti di esperienza e capacità di costruire per guardare al futuro illuminati dalla luce portata da Gesù.
-Abbiamo avuto la gioia e la fortuna di avere in mezzo a noi anche Mirella che si è resa disponibile nell'aiutarci e gli aiuti sono veramente preziosi e motivo di ringraziamento al Signore.
-Un momento particolare della Chiesa albanese alla quale abbiamo partecipato: 8 Dicembre nella cattedrale di Scutari si è celebrato solennemente la chiusura del Processo diocesano dei martiri albanesi, 40 persone che hanno coronato la loro vita con il martirio durante il periodo della dittatura. Periodo molto vicino a noi quindi denso di significato e di ricordi... Molti i presenti tra i quali parenti e familiari dei martiri. Non è facile esprimere i sentimenti e le emozioni che traspariva dai volti.... Riflettere sul senso della vita, una vita donata per il Vangelo... scegliere di morire martire piuttosto che tradire la propria fede, testimoniare con la vita il Credo religioso e l’amore cristiano che fa perdonare anche l’imperdonabile, ecco gli esempi che questi fratelli ci hanno lasciato come testamento spirituale. Penso che molti come me hanno ricordato ciò che Tertulliano diceva a riguardo dei perseguitati: "Il sangue dei Martiri è seme dei nuovi cristiani" questi sentimenti di sicuro risuonava nel cuore di molti presenti nella celebrazione. Alcuni dei martiri erano religiosi gesuiti, altri francescani altri sacerdoti diocesani, altri ancora semplici fedeli che hanno preferito morire in modo atroce, ma non rinunciare alla propria fede. Tra essi una giovane donna che non ha accettato le angherie di un tiranno ed è stata costretta ad atroci sofferenze sofferte per Cristo. Esempio e incoraggiamento per noi che viviamo in questa terra e tra questi fratelli ancora tanto bisognosi di amore, sostegno, incoraggiamento…
Viene spontaneo ringraziare il Signore per questo dono che fa alla sua Chiesa e speriamo che presto vedremo glorificati anche su questa terra quanti hanno donato la loro vita nella fede in Cristo nato in mezzo a noi, vissuto come noi, morto e Risorto per garantirci la Salvezza.

Con la stima e la riconoscenza vi salutiamo augurandovi ancora Buon Anno nel Signore
sr Aurelia, sr Marisa, Sr Gemma
Ishull Lezha 9.1.20

domenica 2 gennaio 2011

In alto a sinistra: laboratorio di buste per lettere a Chennay, a destra: ospedale di Fatimanagar, il momento della consegna della macchina da cucire a Lucy.



A sinistra: riunione "Tayloring school" a Kilnathur; a destra: consegna delle capre ad una giovane mamma di Mamallapuram.



TAMIL NADU 2010


Stavolta a Chennay ci siamo arrivati in un giorno di pioggia: sarà stata la stanchezza per il viaggio in aereo, il grigiore che tutto pervadeva, la lentezza dell’incedere dell’auto nella melassa meccanizzata per uscire dalla sempre caotica città, sta di fatto che Annalisa ed io abbiamo guadagnato l’angolo di pace e serenità di Mamallapuram, tirando finalmente un sospiro di sollievo e lasciandoci piacevolmente cadere sui duri tavolati che costituivano i giacigli della nostra stanza (non esistono, infatti, laggiù i materassi “all’italiana”).
Ma più di tanto non ci è stato possibile indugiare sulla nostra stanchezza e desiderare una sosta ad essa adeguata, perché il viaggio era organizzato “al minuto-secondo spaccato” in quanto l’obiettivo era di ri-percorrere tutti, ma proprio tutti, i luoghi dove erano o sono stati o saranno in corso i micro-progetti dell’Associazione “Sulle orme dei Servi-verso il mondo” da quattro anni a questa parte.
Spartanamente, quindi, era già stata a priori defalcata dal programma ogni cosa che non avesse a che fare con gli “obiettivi associativi”: niente “approfondimenti “ dedicati alle differenze culturali e religiose, niente visite a siti monumentali o di interesse turistico, niente concessioni a trastulli, riposi beati e piacevoli cene, ma solo un calendario di corse in treno e auto, appuntamenti, visite e incontri, inquadrate mentalmente da fogli, carteggi, appunti, lettere spedite e ricevute, cifre di denaro speso, da spendere, da verificare e da controllare.
Si è cominciato subito con il micro-progetto di Mamallapuram: incontro con le persone che avevano ottenuto le capre l’anno precedente, valutazione della situazione, acquisto di un altro gruppo di capre precedentemente concordato con le famiglie e i Padri Servi di Maria di Mamallapuram.
P. Sami da noi conosciuto gli anni precedenti, dopo un grave incidente in moto che lo aveva allontanato dalla scuola per mesi, era stato trasferito nella lontana città di Bangalore, lasciando il posto ad un altro p. Sami, appena giunto a Mamallapuram, con il quale abbiamo condiviso anche qualche intenso momento di spiritualità.
La notte del nostro arrivo, è andato con il “mediatore” a comprare 30 capre e il giorno seguente con un po’ di fatica e con un pizzico di conseguente confusione, gli animali sono stati consegnati ai destinatari prefissati: abbiamo preso nota dei nomi, verificato cos’era rimasto della consegna delle capre dell’anno scorso, registrata l’assenza di qualche famiglia che si era dovuta trasferire altrove e incassato il contributo da ciascuno dei beneficiati. Il tutto si è concluso con un breve conciliabolo con i beneficiati, persone molto povere e con le raccomandazioni di un uso corretto e virtuoso di quanto avevano ricevuto.
Quindi siamo ripartiti per Trichy e per Fatimanagar.
E’ sempre un’emozione, sospesa tra gioia e compunto dolore, la visita a Fatima Nagar, l’incontro con Suor Rita, le consorelle e gli ospiti , piccoli e adulti, malati di lebbra, TBC e di AIDS.
Anche questa volta Suor Rita è stata straordinariamente efficace: come sempre non era stato necessario un lungo carteggio e altrettanti colloqui telefonici per attrezzare i due micro-progetti che l’Associazione aveva proposto per Fatima Nagar. Infatti le 10 capre erano nel loro recinto e le due persone a cui erano destinate, ex-malati di lebbra dello stesso Ospedale, erano pronti alla pur sobria “cerimonia” della consegna: alcune parole di circostanza, saluti, le foto di rito.
Ma più toccante si è rivelata la consegna della macchina da cucire elettrica, la prima di questo tipo, a Lucy, una bella ragazza di vent’anni, dal viso sereno e dai grandi occhi neri. A lei il destino, sotto forma di lebbra, aveva chiesto l’amputazione della gamba destra, dal ginocchio in giù.Per questo Suor Rita ci aveva chiesto per lei una macchina con il motore elettrico. Turbati “dentro”, Annalisa ed io, le abbiamo consegnato il suo strumento di lavoro.
La foto scattata a lei, assieme a Suor Rita, è stata, eccezionalmente, una, una sola: non ne servivano altre per esprimere il vissuto del momento! Nel pomeriggio Suor Rita ci ha mostrato, con comprensibile soddisfazione, i padiglioni del nuovo ospedale e del nuovo centro per i bambini malati di AIDS.
Poi, mentre Annalisa era a colloquio con Sr. Rita, ho effettuato come sempre il mio piccolo “pellegrinaggio del dolore”, recandomi a visitare i vari padiglioni: i bambini ammalati di AIDS, i tubercolotici, i lebbrosi. Passavo, guardavo, cercavo di imprimere, come le altre volte, negli occhi quelle scene di corpi smunti, neri, alcuni spettrali, nelle camerate disadorne e immerse in un silenzio irreale. Momenti e visioni che considero utili serbare interiormente, quando, di fronte alla fatica del vivere, sento difficoltà che giudico eccessive.
Durante la visita al complesso ospedaliero avevo notato delle cassette di legno attaccate ai muri: mi sono avvicinato e ho visto scritto: “condom box (cassette dei preservativi)”!! Non ci volevo credere! Più tardi, tornato da Annalisa e da Suor Rita, ho fatto presente il fatto e Suor Rita, con molto candore, mi ha detto che questa “precauzione” era per impedire, dato che la “natura” e la relazione affettiva tra le persone hanno sempre e dovunque le proprie esigenze, la trasmissione delle infezioni, cosa da evitare in maniera assoluta. Al Vescovo, che le faceva presente la discrepanza con l’ufficialità della dottrina cattolica, Suor Rita dice di aver risposto così: “Lei è lì, Eminenza, sopra e distante, sono io che sono qui, giù, in mezzo a queste situazioni, cui devo dare, senza giudicare il passato di nessuno, indicazioni di soluzioni per evitare mali peggior. Queste persone hanno il diritto di godere la sessualità, dono di Dio, in modo positivo, cioè senza recare danno a sé e agli altri”.
In serata siamo tornati a Trichy e ci siamo incontrati col “nostro” interlocutore privilegiato”, p. Sagai, sempre attivo, sorridente e disponibile. L’indomani con lui ci siamo recati a Muppayur, a incontrare la fraternità e le ragazze della scuola di cucito, terminata qualche mese prima.
Con queste ultime abbiamo valutato l’andamento della loro attività, realizzata grazie al corso di cucito e la consegna a ciascuna di loro della macchina da cucire. Veniamo così informati che la quasi totalità delle 30 ragazze svolgono attività, a tempo pieno o a part time, grazie alla disponibilità dello strumento necessario.
Interpellate sul futuro, le ragazze hanno fatto anche una proposta interessante, che sarà anche espressa dalle ragazze delle altre scuole, quelle di Kilnathur e della Parrocchia del Bambin Gesù di Okkiampet (vicino a Chennay), e che potrebbe essere oggetto dei nostri prossimi micro-progetti in Tamil Nadu: imparare a confezionare vestiti non solo per donne, ma anche per bimbi, ragazzi e uomini (con la dovuta precauzione !) perché la “cultura indù” (ecco un altro di quei problema che la religione si inventa !) sconsiglia vivamente alle donne di “prendere le misure” di abiti maschili!!
Poi, ancora una volta, siamo stati al villaggio di Narikkanvayal, dove abbiamo già sovvenzionato la perforazione del pozzo e la relativa fontana. I lavori per l’allacciamento elettrico che consentirebbe il collegamento della fontana al desalinizzatore sono bloccati: com’è noto, le esigenze di questo villaggio di “dalit” (fuoricasta) non devono interessare molto le autorità civili, ragion per cui i lavori più volte promessi sono di là dall’essere realizzati. Anzi: l’assessore del Comune aveva promesso (tutto il mondo è paese!) di “venire incontro alle spese” della comunità di Narikknvayal e dando un contributo alle spese già sostenute dai suoi abitanti. Che fare? Quello che l’assessore non ha dato (Rs. 3.000, cioè €. 50) è stato fornito dal sottoscritto, quale rappresentante dell’Associazione “Sulle orme dei Servi-verso il mondo” che ha anche fornito un’altra cifra analoga per pagare, su consiglio del p. John Britto, Parroco del luogo, il “pizzo” per l’ingegnere che doveva dare il via ai lavori. Al momento, però, in cui scriviamo queste righe, da Narikkanvayal non ci sono ancora arrivate le sperate notizie.
Siamo tornati a Trichy, quindi di nuovo a Mamallapuram (sono 8 ore di viaggio) e di qui, il giorno dopo, con altri 400 km. in vettura “anni ’50”, siamo andati a Kilnathur, dove l’anno scorso è stata realizzata un’altra delle nostre “tayloring school” e abbiamo avuto la possibilità di rivedere l’amico p. John Roncalli. L’accoglienza è stata a dir poco festosa, ci hanno messo attorno al collo le ghirlande di profumatissimi gelsomini e le ragazze della scuola ci hanno informato della validità e dell’utilità per la loro economia familiare del loro lavoro con la macchina da cucire e gli insegnamenti di cucito appresi dalla scuola.
Anche qui ribadiscono l’opportunità di effettuare un corso di ulteriore “specializzazione” imparando a cucire abiti per persone di sesso maschile. P. John mi parla della dura vita in quel villaggio sperduto, dove si incrociano problemi di convivenza tra classi sociali e gruppi religiosi. Mi ha mostrato l’altoparlante della chiesa, orientato in una precisa direzione, verso le case abitate esclusivamente da persone di fede cristiana, poiché la musica trasmessa dall’altoparlante non può e non deve essere ascoltata nella zona opposta, dove ci sono persone indù di casta cosiddetta “superiore”! Le case dei cristiani sono su un lato della via, dall’altro abitano gli indù, che ogni tanto visitano le case dei cristiani per bastonarli e oltraggiarli. “E voi cosa fate”? gli chiedo. “Siamo cristiani, seguaci di Gesù. Ci teniamo le botte ricevute e basta”. P. John mi ha parlato della necessità di aprire un negozietto di materiali di cancelleria per i bimbi della scuola del villaggio: per acquistare una matita o un quaderno o una “merendina” devono andare, a piedi, nella città più vicina, dove tutto costa di più. Gli ho risposto che se il micro-progetto verrà presentato nei modi e nelle modalità prescritte, la nostra Associazione avrà l’attenzione giusta per sostenere la sua richiesta.
Salutato p. John, siamo rientrati alla sera a Mamallpuram “spremuti come limoni”.
Il giorno dopo, via ancora, in auto, per altri 300 km. , per andare a comprare nella città di Kanchipuram gli articoli di seta (cuscini, sciarpe, foulard) per alimentare le bancarelle che sostengono finanziariamente i nostri micro-progetti.
E il giorno dopo siamo ritornati, dopo aver girato l’intero Stato del Tamil Nadu, a Chennay: il viaggio stava per concludersi. Abbiamo incontrato alcune ragazze della prima scuola di cucito, siamo andati in città a consegnare il contributo (l’85% della spesa. Il rimanente era a carico del beneficiato) dell’Associazione al piccolo laboratorio che produce buste per lettere nel centro di Chennay. Siamo entrati in un corridoio scuro, dai muri umidi di muffa per avere l’accesso a due stanzette di pochi metri quadrati, completamente senza finestre: lì lavoravano, seduti a terra, tre-quattro persone, oltre che al titolare e a sua moglie. Ci hanno mostrato orgogliosi la nuova macchina, una pressa idraulica asservita ad un piccolo compressore che sostituiva un “torchio a mano” che serviva, ponendo una fustella di ferro sopra una risma di carta, a tagliare le sagome delle buste. Ora la fustella lavora con la trancia e in pochi secondi si tagliano centinaia di fogli. I titolari ci hanno ringraziato, mettendoci al collo le caratteristiche corone di gelsomini.
Siamo tornati finalmente, in serata, ad Okkiampet, periferia di Chennay, pregustando, finalmente, alcune ore di sosta e di riposo per il giorno seguente, dopo “una corsa” durata continuativamente oltre dieci giorni .
Annalisa, però, ha avuto una “delle sue” preziose intuizioni, e mentre io già riposavo felice lei, stesa sul tavolato del letto e non riuscendo a dormire, ha guardato la date dei biglietti aerei del viaggio di ritorno e si è accorta che era prevista per la notte stessa e mancavano, pertanto, solo poche ore alla partenza.
Dopo un breve fraseggio non propriamente riferibile, giù dalla branda, composto a tempo di record il bagaglio, salutati tutti di corsa, siamo partiti per l’aeroporto.
E di lì, a casa, con la soddisfazione del positivo lavoro compiuto dall’Associazione, ai cui Soci portavamo i saluti e sopratutto i più calorosi ringraziamenti da parte di tutti beneficiati dei vari micro-progetti.